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Materiale bellico e piazza finanziaria
L’industria svizzera degli armamenti fomenta le guerre, fornendo materiale bellico a Stati instabili e autoritari – non di rado tramite vie traverse. Anche la piazza finanziaria svizzera alimenta ulteriormente i conflitti investendo nella produzione di materiale bellico. Miliardi di franchi finiscono così anche nella produzione di armi nucleari. Per questo motivo la GSse s’impegna a vietare l’esportazione di materiale bellico e ad obbligare la piazza finanziaria ad assumersi le proprie responsabilità.
In Svizzera non esiste solo un fossato politico tra militarismo e antimilitarismo, ma anche tra chi vuole impedire la guerra e chi delle guerre ne approfitta. Il militarismo, così caro alla borghesia, non punta al riarmo solo in Svizzera, bensì anche in Stati che spesso costituiscono una minaccia per le nazioni democratiche e il diritto internazionale pubblico. Il GSse non s’impegna solamente per ideali antimilitaristi e pacifisti, ma anche per garantire che l’applicazione della ricerca scientifica sui conflitti siano integrati nella regolamentazione dell’economia e della piazza finanziaria svizzera
L’influenza dannosa dell’economia svizzera sulla sicurezza globale risulta evidente soprattutto nell’esportazione di materiale bellico. La Svizzera esporta ad esempio armi in Arabia Saudita, parte in causa in una guerra civile. In passato ha anche esportato armi in Iran, che nello stesso conflitto sostiene invece la parte avversa.
Il problema nel caso del materiale bellico è talmente evidente che tramite l’Iniziativa correttiva ‘Contro l’esportazione di armi in Paesi teatro di guerre civili’ il GSse ha fatto breccia anche in Parlamento a Berna. I guerrafondai dello schieramento borghese avevano semplicemente cambiato il nome a talune categorie di materiale bellico creando la categoria dei beni militari speciali. In tal modo è stato possibile esportare gli aerei Pilatus svizzeri per l’impiego nella guerra civile in Yemen, negli anni 2010 sistemi di armamenti per entrambe le parti in causa nel conflitto nel Nagorno Karabakh e ancora verso la Russia exportiert.
Più complessa si presenta la situazione per quanto concerne i prodotti industriali a duplice uso, civile e militare. Rientrano in questa categoria prodotti chimici impiegabili sia per la produzione di medicinali sia per armi chimiche o tecnologie adatte tanto alla diagnosi di problemi della rete quanto alla sorveglianza di persone dissidenti. In questi casi non è possibile esigere un divieto d’esportazione e spetterebbe quindi all’amministrazione federale effettuare una ragionevole ponderazione delle utilizzazioni e dei rischi nel singolo caso. In realtà si constata come spesso e volentieri il Consiglio federale spinga l’amministrazione a minare il senso e la lettera delle limitazioni all’esportazione a vantaggio del profitto.
Non meno importante è il ruolo della “piazza finanziaria internazionale che ammorba ormai il cielo”, come ebbe a scrivere Max Frisch già in occasione della campagna per la votazione per la prima Iniziativa per l’abolizione dell’esercito. Qui occorre intervenire in particolare negli ambiti del finanziamento di imprese guerrafondaie, del commercio con Stati antidemocratici e dei servizi finanziari per criminali di guerra (Esempio in DE). Non va dimenticato che la Svizzera e la sua piazza finanziaria finanziano produttori di bombe atomiche, munizioni a grappolo e naturalmente anche coloro che fabbricano ogni altro tipo di materiale bellico e di beni a duplice uso. Il fatto che le bombe atomiche e le munizioni a grappolo siano materiale bellico bandito a livello internazionale e anche in Svizzera, non preoccupa chi opera nelle banche visto che la corrispondente legge federale sul materiale bellico
(LMB, art. 8) è stata concepita per gettare fumo negli occhi della popolazione: essa prevede infatti più scappatoie che regolamentazioni. Sebbene la legge ribadisca più volte il finanziamento e la fabbricazione di materiale bellico vietato sia proibito, è nondimeno consentito avere azioni presso produttori di materiale bellico vietato. Perfino la Banca Nazionale Svizzera detiene almeno 1’940 Mio. di CHF in titoli presso produttori di bombe atomiche (2022Q3). Nel finanziamento svizzero e nel controllo parziale di produttori di materiale bellico legale e di beni a duplice uso la regolamentazione è del tutto assente. L’Iniziativa contro il commercio bellico del GSse è stata respinta alle urne. Di conseguenza, queste imprese possono essere finanziate tramite la Svizzera, anche se incentivano le guerre, rendono meno sicura la Confederazione e non assumono alcuna responsabilità imprenditoriale.
Un altro ambito rilevante concerne il commercio con beni di per sé non rilevanti in termini di sicurezza, ma grazie ai quali i regimi totalitari finanziano le loro guerre e i relativi preparativi. Dal tentativo di assoggettamento dell’Ucraina da parte di Putin, l’opinione pubblica si è resa conto della quantità di petrolio, gas, oro, diamanti
e altri beni venduti dal governo russo tramite la Svizzera per finanziare la propria guerra. Ma ciò che emerge è solo la punta dell’iceberg: per lo più queste attività commerciali non sono rilevate statisticamente dalla Confederazione e men che meno controllate. Di conseguenza sono noti solo aspetti parziali di questi sporchi affari e solamente grazie ad approfondite ricerche da parte di diverse organizzazioni della società civile.
Come nella seconda Guerra Mondiale, dove in Svizzera venne nascosto l’oro nazista, anche oggi i fornitori svizzeri di servizi finanziari amministrano i patrimoni di persone che evadono il fisco, autocrati e criminali di guerra.
Il GSse s’impegna per:
- Una politica estera ed economica che sia dalla parte della pace.
- Un commercio responsabile di beni a doppio uso e di altri beni che potrebbero potenzialmente generare conflitti.
- L’impegno della Svizzera nei confronti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, l’unico organo internazionale efficace per il disarmo nucleare.
- Il divieto d’esportare materiale bellico.
- Il divieto di finanziare materiale bellico illegale così come qualsiasi produttore di materiale bellico in generale.
con l’obiettivo principale di un mondo senza materiale bellico e senza guerra.
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