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Esercito

L’esercito è lo strumento principale del militarismo elvetico che veicola un concetto di sicurezza ancora fortemente basato sul servizio militare. Lo spreco di risorse umane, finanziarie ed ecologiche da parte di questa istituzione è immenso. Una Confederazione senza esercito che può diffondere soluzioni civili anziché la violenza delle armi, resta l’obiettivo a lungo termine del Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSse)

L’abolizione dell’esercito è e rimane la rivendicazione storica e allo stesso tempo l’obiettivo a lungo termine del GSse. Il GSse è stato costituito oltre 40 anni fa proprio grazie ad un’iniziativa in tal senso. Oggi il GSse è un’organizzazione tuttora rilevante, impegnata in vari ambiti della politica di sicurezza, anche se l’abolizione dell’esercito rimane il suo pilastro fondamentale.

L’esercito è lo strumento principale della militarizzazione. Con molteplici mezzi politici e sociali, l’esercito e il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS), praticano una comunicazione tendenziosa al fine di coltivare una concezione militare della sicurezza svizzera. La falsa conclusione per cui «più l’esercito è forte, più il Paese è sicuro» è ancora ampiamente diffusa e alimenta la persistenza di logiche militari antiquate, che si riflettono in pratiche come l’obbligo di prestare servizio militare per gli uomini.

Che la ‘sicurezza’ implichi molto più del servizio militare è stato drammaticamente dimostrato dalla pandemia da Covid. Idem per le paventate situazioni di penuria energetica o per le misure di mitigazione della crisi climatica: un esercito serve a ben poco e nondimeno si tratta di questioni di enorme rilevanza in termini di politica di sicurezza. L’esercito non appare quindi un garante della sicurezza, al contrario: dato il bilancio limitato dello Stato a livello federale, divora risorse che poi mancano altrove. Inoltre è un’organizzazione estremamente dispendiosa e inefficiente, portata per la sua stessa natura a un elevato spreco di mezzi.

La prassi conservatrice che obbliga ogni cittadino di genere maschile a prestare servizio militare non costituisce solo una massiccia ingerenza nella libertà di una persona, ma rappresenta anche un fattore di sostanziale incremento dei costi dell’esercito. Basterebbero le ricorrenti testimonianze di reclute e soldati che restano per ore in attesa di qualcosa da fare e che devono sottoporsi a terapie occupazionali per cogliere l’assurdità e il cinismo del servizio obbligatorio di leva. Eppure tale obbligo è strenuamente difeso per mantenere un esercito di massa come quello svizzero.

Oltre allo spreco di risorse, l’obbligo di prestare servizio militare genera anche una certa militarizzazione coatta. È vero che molti giovani uomini ne restano immuni e al loro congedo hanno anzi una visione più critica dell’esercito. Tuttavia, data la gerarchia e la rigidità di tale istituzione ciò non vale per tutte le persone. Le persone vengono addestrate ad uccidere altri esseri umani, a girare costantemente per tutta la Svizzera con un’arma in pugno e ciò lascia in molte persone segni indelebili. Per mesi si è indottrinati con logiche militari, immagini di nemici definiti dallo Stato e un’idea indiscutibile di «bene e male». L’esercito sa come utilizzare elementi di propaganda e sottoporre chi ne fa parte ad un costante indottrinamento.

Quanto l’esercito svizzero contribuisca alla sicurezza del Paese è opinabile, anche nell’ottica della difesa armata. Persino persone esperte in scienze militari ritengono che in caso di attacco difficilmente l’esercito svizzero potrebbe opporre un’efficace resistenza. Si cerca quindi di giustificarne l’esistenza tramite impieghi in occasione di gare di sci, durante il WEF o in caso di catastrofi naturali. Tutti interventi che potrebbero essere tranquillamente affidati a istituzioni civili.

La domanda di sicurezza militare alimentata dalla guerra in Ucraina è stata subito sfruttata politicamente, portando a livelli assurdi il budget dell’esercito: in relazione alla popolazione la Svizzera dispone già di uno dei più grandi eserciti d’Europa. Questo riarmo reattivo è tutto fuorché una garanzia di sicurezza dato che una forte presenza militare rischia di aggravare conflitti e tensioni anziché risolverli o attenuarli. Chi, se non la Confederazione, appare predestinata a promuovere una politica internazionale di pace basata sul disarmo e la smilitarizzazione?

L’abolizione dell’esercito è e rimane per il GSse un passo essenziale verso un mondo più sicuro, stabile e pacifico. La Svizzera può e dovrebbe rafforzare il proprio ruolo di mediatrice di pace.

Il GSse s’impegna per:

  • Una Svizzera senza esercito.
  • L’abolizione del servizio militare obbligatorio finché esiste un esercito.
  • Un taglio massiccio del budget dell’esercito a favore di settori legati alla sicurezza come misure in per la protezione del clima, la salute e la giustizia sociale.
  • Una concezione della sicurezza ampia, che non si concentri esclusivamente sulla militarizzazione.

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Da 40 anni il GSse si batte per attuare quanto contenuto in questo manifesto nella politica svizzera, sostieni il nostro lavoro firmandolo! Naturalmente puoi anche entrare a far parte del movimento o fare una donazione.

Questo manifesto è stato redatto con la collaborazione dei vari gruppi regionali, il Coordinamento e il segretariato del GSse. Impressum.

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